Il vero enigma di Leonardo
Come è noto, Leonardo da Vinci nascondeva o almeno rendeva meno visibili e noti i suoi progetti, le sue ricerche, le sue invenzioni. Creando un nuovo modo di scriverli. Si dovevano leggere con lo specchio.
Consuetudine per lui era quella di proteggere le sue innumerevoli scoperte ed intuizioni. Soprattutto militari. Non è escluso che abbia usato anagrammi, rebus e rompicapo in alcuni suoi scritti, per occultare altre innovazioni, magari belliche. Sembra che facesse anche a gara in questi giochi con il suo amico Botticelli. Probabilmente inseriva nelle opere frasi criptiche, per mascherare pensieri, creare enigmi su cui i posteri avrebbero lavorato per comprenderli e dar fama all’autore. All’epoca non erano insoliti.
Lo stesso Vasari, nel suo affresco sulla Battaglia di Marciano a Palazzo Vecchio in Firenze che coprì la Battaglia di Anghiari di Leonardo, riporta la fase criptica sullo stendardo verde, di due soli termini: ”cerca trova”. Un rebus che ancora non è stato completamente decifrato. Si è immaginato, e non a caso, volesse comunicare ai posteri che sotto il suo affresco c’era quanto rimaneva dell’opera del Genio, rovinata dall’encausto. E su questo stanno lavorando oggi. Cercando di non distruggere l’affresco del Vasari. Convinti che sia così In Leonardo i segreti sono molti e non tutti ancora risolti. Lo si diceva anche dedito all’esoterismo. Si cerca di vedere nella Gioconda quel qualcosa che il suo autore voleva che esprimesse. Persino di valore teologico.
L’aveva tenuta con se molti anni per rifinirla, ritoccarla, modificarla. Incontentabile. Voleva probabilmente che trasmettesse qualcosa a cui lui aspirava. C’è chi dice che vi avesse tracciato parole significative fra i
capelli o in altre parti del dipinto. Per inviare un messaggio ai posteri. A chi riteneva in grado di decifrarlo. Che fosse elevato come era lui.
Ho cercato qualche suo scritto che fosse un “unicum” nella sua produzione. A cui lui desse una importanza particolare. Ed ho individuato sui bordi di una sanguigna (disegno colorato di rosso) proveniente dal Codice Atlantico una sua poesia. L’ho studiata a lungo ed ho scoperto che è l’unica e sola vera opera in versi che abbia mai scritto. Quattro quartine in endecasillabi a rime concatenate. E’ avvenuto nei Musei Capitolini di Roma nel 2011 e l’ho ricopiata lettera per lettera. E’ una guida, un vademecum destinato all’uomo per insegnargli a vivere in salute, dignitosamente ed in letizia. La definisce “Dieta” che in Greco sta per “Stile di vita”.
Un carme per dare all’uomo tredici suggerimenti di vita. Un sermone sotto forma di poesia di cui lui solo era convinto di sapere perfettamente il valore salutare e psicologico. Dovuto ai suoi innumerevoli studi medici, chirurgici e scientifici. In un saggio credo di aver dimostrato che quel carme dovrebbe essere la sua sintetica, concisa, didattica eredità culturale che voleva lasciare ai posteri.
L’ho fatta tradurre in 25 lingue madri occidentali ed orientali per farla conoscere nel mondo. L’Italia non può che trarne benefici. Ancora valida dopo mezzo millennio il mio sogno è che venga esposta ovunque, nei luoghi aperti al pubblico.
Persino nelle aule scolastiche. Bussola carismatica per i giovani che sono sempre più orientati al virtuale.
Da poeta dilettante so quanto sia difficile comporre in rime baciate (concatenate) senza rendere falsa la poesia. Senza snaturare l’insieme. L’impegno di far coincidere le rime non è indifferente. D’accordo che
Leonardo era eccezionale.
Dice il Vasari, che fosse abile nel poetare all’impronta nelle gare di paese. Che Dante oltre un secolo prima avesse scritto un poema in terzine a rime concatenate. Che Lorenzo De Medici,
detto il Magnifico, avesse composto <il trionfo di Bacco e Arianna> che era il “tormentone” dell’epoca.
Leonardo lo sentiva ripetere in continuazione a Firenze: <Quanto è bella giovinezza che si fugge tuttavia…>.
E deve aver pensato che la musicalità delle rime baciate aiutasse a memorizzarla. E a durare a lungo nel tempo. Come in realtà poi è avvenuto per questa graziosa opera che ancora tutti conoscono. Anche perché invita a godersi la vita.
Ho esaminato a lungo questo carme e continuo a farlo. Confesso che mi è venuto un sospetto. Che essendo un “Unicum”. Una unicità. Una cosa insolita per i suoi scritti. Qualcosa a cui ha dedicato anche una cura
particolare. Che vi volesse attribuire maggior importanza. Che oltre ad un manuale di esistenza per l’umanità contenesse anche una sfida. Comunque destinata alla intelligenza dell’uomo.
Che in essa sia contenuto qualche suggerimento tra le righe che riteneva fondamentale. Che magari qualche anagrammista potrebbe scoprire. Bisognerebbe analizzarlo da questo punto di vista nuovo. Individuare magari un algoritmo per trarne, con l’intelligenza artificiale, delle asserzioni compiute. Estrarre la verità che potrebbe nascondere. Dei significati occulti. Una frase che sia un messaggio all’umanità. Leonardo conosceva approfonditamente l’importanza della parola. Si divertiva spesso con i termini. Le locuzioni.
Giocava con i lemmi. Sono divenute famose le sue affermazioni apodittiche, inconfutabili. I suoi aforismi sono sentenze. Forse nasconde uno dei motivi per l’esistenza. Forse di come vivere in pace senza le guerre (che attualmente risultano essere cinquantaquattro sull’intero pianeta). Perché lui pensava: “essere una nefandissima cosa il tôrre la vita all'uomo”.
Scritta tre anni prima di morire, nel pieno della sua maturità intellettuale si sentiva di trasmettere un ultimo ammaestramento all’uomo. Per cui aveva lavorato una vita. Ed in chiusura del suo carme invita il lettore a
seguire la sua “Dieta”.. I suoi insegnamenti. D’altronde tutta la sua vita è stata una sfida. Più studio Leonardo da Vinci più mi convinco che questa, che considero quasi una stranezza fra le sue migliaia di opere, lo interessava particolarmente. Credo che nasconda un messaggio. La grandezza di Leonardo da Vinci consiste nel fatto che vivesse fra l’ondeggiante sensibilità dell’artista contro la ragione assoluta dello
scienziato. Primeggiando in entrambi i settori. Ma ritengo che quello del comunicare lo ritenesse il suo compito principale. Bisognerebbe fare su questo carme ciò che lui stesso suggeriva: “osservazione, intuizione, analisi, soluzione”. Il sospetto che non sia solamente un carme, ma un enigma è – per ora –solamente a livello di intuizione.
Ma ritengo sia arrivato il momento di risolverlo.
Marco Biffani